giovedì 7 settembre 2017
Prima estate in Alpago
Riflessioni dopo una prima stagione estiva trascorsa in Alpago: ortaggi, boschi e api.
Il fragore del tuono scandisce la fine dell'estate. Le prime piogge autunnali sono arrivate mentre le giornate si stanno accorciando. Due stagioni sono passate dall'ultimo post. Purtroppo impreviste vicissitudini e altre lungaggini burocratiche mi hanno ancora una volta tenuto lontano dal blog per diversi mesi. Ma ora che anche il maltempo mi trattiene in casa, non ci sono più scuse: è il momento dei primi bilanci.
Non avendo ancora ben chiaro i possibili sviluppi di quello che potremo concretamente realizzare su questo terreno, ne tantomeno le possibili tempistiche, per quest'anno ho deciso di coltivare il necessario per mangiare da subito, fare delle prove e capire quello che eventualmente potrebbe avere un certo valore commerciale. L'ottica a medio/lungo termine è quella dell'auto sostentamento (almeno parziale). Il posizionamento delle zone di coltura non è quindi frutto di un progetto ben preciso. Ci sarà il tempo per pianificare accuratamente…
L'approccio è stato quello di valorizzare le culture tipiche del posto e di verificare fino dove ci si può spingere con quelle più esotiche.
Tra gli ortaggi particolarmente adatti al clima ci sono certamente i fagioli. Questi nutrienti legumi sono stati per secoli una delle principali fonti di sostentamento per la popolazione locale. Ogni valle del bellunese ha le sue cultivar e ogni ortolano ha i suoi metodi di coltivazione, i suoi segreti e soprattutto i suoi semi. Devo ringraziare Corina, una gentile signora pagota, la quale mi ha generosamente donato i semi della cultivar per eccellenza dei fagioli locali: le Mame d'Alpago. Un fagiolo, particolarmente digeribile (per via della buccia sottile), chiaro e dalla caratteristica forma leggermente squadrata.
Per la coltura dei fagioli nel bellunese, tradizionalmente si utilizzano tutori in rami di nocciolo. Il nocciolo è una delle risorse maggiormente disponibili; a costo zero. Ecco come si presentavano le colture a giugno.
Dalla metà d'agosto le prime mame fresche sono disponibili. A settembre sono pronte per la raccolta per la conservazione.
Ho provato anche altri fagioli locali, alcuni dei quali non sono ancora pronti. Aggiornerò a breve…
Tre le varie esperienze in questo periodo non ci sono stati solo i fagioli, le verdure o l'orto. Quest'anno ho finalmente potuto iniziare ad allevare le api. Era da anni che mi incuriosiva l'apicoltura. Un gentile signore della vicina Vittorio Veneto (TV) mi ha regalato alcune delle sue arnie dismesse. Purtroppo, nella zona del trevigiano sembra che sia diventato quasi impossibile allevare le api, per via dell'inquinamento legato alla coltura della vite. Non che la vite sia responsabile in se. Sono i trattamenti fitosanitari i responsabili della moria delle impollinatrici per eccellenza. Sembra che si debba scegliere tra il Prosecco o il miele… Fatto sta che ho recuperato alcune casette nelle quali ho potuto iniziare l'esperienza con le api.
Api di razza carnica, adatte all'inverno delle montagne bellunesi, docili e di colore molto scuro. L'ambiente è di per se particolarmente idoneo all'apicoltura. Campi di fiori selvatici e boschi con abbondante presenza di tiglio, garantiscono la produzione di nettare per il sostentamento delle api.
Ape carnica su fiori di soldago.
In puro spirito permaculturale, ho progettato una parcella del terreno disponibile in modo da ottenere più funzioni con una sola operazione. Come si vede qui sotto, ho seminato un campo di grano saraceno. Il grano saraceno è una pianta dal notevole valore mellifero. La fioritura è abbondante e prolungata per due o tre mesi. Un vero banchetto per le api. Un'altra caratteristica molto interessante del grano saraceno, è la sua capacità a contenere le erbe infestanti. Si tratta di una pianta molto vigorosa e a crescita rapida. Alla fine del suo ciclo, il terreno è pronto per un'altra coltura.
Nel mio caso, ho da poco seminato il trifoglio nano in mezzo al saraceno. Entro breve seminerò nello stesso terreno anche dei cereali. In questo modo ai primi freddi, il deperimento totale del saraceno lascerà il posto all'associazione legume/cereale che si svilupperà pienamente l'anno prossimo. Il tutto senza lavorazione del terreno.
Anche il coriandolo si è dimostrata una pianta molto interessante. La fioritura è più tardiva rispetto al saraceno (e quindi complementare). Si può seminare ovunque senza bisogno di protezioni contro gli animali. L'odore molto intenso di questa spezia sembra non piacere affatto agli ungulati. Noi invece l'apprezziamo molto in cucina. Anche il miele prodotto è particolarmente ricercato (e decisamente costoso). Inoltre il coriandolo dovrebbe avere la capacità di auto seminarsi per gli anni seguenti. Staremo a vedere…
Ape carnica su fiori di coriandolo
I cambiamenti climatici degli ultimi anni stanno rendendo possibile alcune colture un tempo impensabili per il bellunese. Qui sto facendo una prova con dei piccoli ulivi, in particolar modo con delle cultivar resistenti al freddo: Leccino, Ascolana e i relativi impollinatori Pendolino e Moraiolo. Sperando in un prossimo inverno mite, le piante dovrebbero avere il tempo per potersi acclimatare.
Una delle risorse più affascinanti della montagna sono chiaramente i boschi. Il nostro terreno è circondato da boschi. Legname, bacche, piante selvatiche e terriccio fertile sono disponibili in abbondanza. Durante l'estate, il bosco diventa il riparo per eccellenza contro il sole. Una piacevole sensazione di frescura, di serenità e di benessere psicofisico.
Ma la soddisfazione più grande (a parere di chi scrive) che si possa trarre da un bosco, sono i funghi. Un dono, una delizia, una sorpresa e sempre un'emozione. Il semplice odore risveglia i ricordi delle vacanze di quando ancora non andavo a scuola… Sono passati decenni ma la sensazione quasi indescrivibile è sempre la stessa.
Questo è considerato il rè dei funghi. Un magnifico porcino estivo (Boletus aestivalis), trovato a pochi passi dal terreno. Anzi, trovato e coltivato. In realtà non ho coltivato nulla; ho semplicemente aspettato il momento migliore per la raccolta…
Boletus aestivalis sotto bosco misto di latifoglie
Durante l'estate, anche andare a funghi nei boschi più ombrosi e freschi può essere stancante. Un provvidenziale (quanto poco accessibile) torrente scorre lungo il confine del bosco. È la mia piccola piscina naturale anche se l'acqua è troppo bassa per nuotare. Almeno qui al posto del cloro, c'è la salutare argilla. Verso mezzogiorno, quando il sole penetra tra le fronde e riscalda le rocce, è il posto ideale …per bere una birra coi piedi nell'acqua.
Dopo un'estate avara di precipitazioni (anche qui in montagna) la situazione si sta normalizzando. È il momento delle verdure più tipicamente autunnali: carote, barbabietole, rape, ravanelli, radicchi e tante altre cose…
Prima di concludere è doverosa una considerazione sul clima: indicativamente, rispetto alla vicina pianura, qui le colture partono con quasi un mese di ritardo e questo (soprattutto in primavera) può essere fonte di una certa frustrazione. La controparte estiva offre condizioni generali migliori: temperature massime che superano di poco e raramente i 30° e soprattutto maggiori precipitazioni. Inoltre la presenza di parassiti è particolarmente limitata. Lo ammetto: fino ad ora non ho avuto nessun problema con lumache e limacce. Nessuna cimice sui pomodori! Probabilmente, l'ambiente circostante permette un giusto equilibrio tra parassiti e predatori.
Con un po' di pazienza maturano anche melanzane e peperoni. Magari, con qualche accorgimento in più (letti riscaldati e coperture varie) si può fare di meglio. Un'altra pista è quella di recuperare cultivar precoci adatte al luogo (che negli ultimi anni sono state generalmente sostituite dalle cultivar commerciali disponibili nei vari punti vendita). Per la produzione invernale/primaverile, sto cercando di provare verdure (locali e esotiche) resistenti al gelo. Ma questo sarà per un prossimo articolo…